domenica 11 gennaio 2009
io non posso tacere
Giornalisti come soldati, al soldo di Israele. Con questo presupposto, e con i tanti embedded, confinati in qualche lussuoso hotel insonorizzato dai crimini dell'etnocrazia israeliana, si combatte una guerra d'immagini, che stravolge la realtà. Quella che oggi ha visto ancora una volta Gaza al centro di incessanti bombardamenti. Distrutte quindici case a Gaza city. Cinque bambini sono morti uccisi dall'aviazione israeliana a al-Qarara. Bombardamenti anche a Jabalya - dove ieri sera è stata colpita una moschea - e sul campo profughi di al-Nasiriyat.
Intanto la politica del terrore di Israele continua. Con lancio di volantini in lingua araba sulle città con su scritto: «assumetevi le vostre responsabilità, o gente di Gaza. Ciò che accade è causato dal lancio di missili contro la popolazione civile israeliana dal vostro territorio. Per questo chiamate il numero di telefono e diteci da dove vengono lanciati». Inviti alla delazione, certamente tecniche di una guerra psicologica. Così anche le telefonate in arabo a migliaia di utenze palestinesi, che chiedono di indicare i luoghi di Hamas.
Ma l'atmosfera, seppur tragica, in Medioriente sta mutando. Nel giro di pochi giorni si sta assistendo alla repentina mobilitazione di centinaia di migliaia di arabi contro la politica del terrore di Isreale. E se a Tel Aviv si fanno sondaggi anche sulla guerra - in termini di consensi politici il Likud e i laburisti ne uscirebbero rinforzati, mentre Kadima perderebbe ne 4 seggi - l'intero mondo arabo, quello che Fanon chiamerebbe dei "dannati della terra", sembra stia compattandosi.
E domani, proprio in Israele, a Tel Aviv, sarà al centro di una singolare "guerra delle bandiere". Il governo ha dovuto muoversi in prima persona per organizzare una contromanifestazione, con bandiere israeliane, al corteo palestinese pro-Gaza.
Un simbolo, perché domani Tel Aviv potrebbe essere il teatro di una trama ben più grande: quella dell'unione dei popoli arabi contro la violenza israeliana. E a vedere le tante manifestazioni del "venerdì di rabbia" indetto da Hamas pare proprio non sia una cosa impossibile.
Un aspetto fondamentale di qualsiasi conflitto è rappresentato dalla percezione che di esso hanno, non solo le popolazioni coinvolte, ma anche i paesi del resto del mondo. Israele è riuscito, attraverso un’attenta propaganda, a portare il mondo dalla propria parte, nascondendo la realtà dei dati statistici e le verità dell’occupazione – sostiene il professore americano William A. Cook
“Quanto spaventosa può essere la conoscenza della verità” (Edipo Re, scena I)
Mentre l’esercito israeliano lanciava la sua “guerra totale” contro Hamas nella Striscia di Gaza, mentre le vittime salivano a oltre 400, con più di 1.450 feriti (l’articolo risale al 2 gennaio (N.d.T.) ), mentre i carri armati e le truppe si ammassavano nell’area vicino al muro che imprigiona la gente di Gaza, mentre i preparativi per un attacco di terra proseguivano, il ministro degli esteri israeliano Tzipi Livni sabato 27 dicembre “ordinava al ministero degli esteri di prendere misure di emergenza per adeguare le pubbliche relazioni internazionali di Israele all’escalation in corso nella Striscia di Gaza” (Haaretz, 28/12/2008). “Un’aggressiva campagna diplomatica di pubbliche relazioni a livello internazionale” doveva essere lanciata simultaneamente ai circa “60 raid” che ora martellano Gaza quotidianamente, raid che in termini umani hanno tolto la vita a cinque bambine della famiglia Ba’losha, uccise a Bait Lahia, a nord di Gaza, ed a tre bambini della famiglia al-Absi nel campo profughi di Rafah, allorché un missile israeliano ha distrutto il tetto della loro abitazione.
Fornisco i nomi e le località di queste famiglie per dare realtà alle statistiche che stordiscono la mente; moltiplicate le sofferenze di queste famiglie, visto che finora più di 400 persone sono morte a causa di questa “caccia” sleale contro civili in trappola, che è stata lanciata dal “compassionevole” governo Olmert, il quale chiude in maniera criminale il suo mandato in attesa dell’elezione di un altro governo militarista.
Sfortunatamente, alcuni funzionari ministeriali hanno dovuto interrompere le loro vacanze per tornare immediatamente ai loro posti di lavoro all’estero. Il loro obiettivo, come quello della Livni: “spiegare la logica alla base dell’estesa operazione delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) nella Striscia di Gaza”. Il ministero cerca anche persone che parlino lingue straniere, soprattutto arabo, italiano, spagnolo, e tedesco, per assicurarsi che il suo messaggio sia ricevuto da tutti.
Un centro di trasmissione internazionale per i media è stato aperto domenica 28 dicembre a Sderot, la sventurata città israeliana che è stata l’obiettivo della maggior parte dei razzi di Hamas nei passati 8 anni. Vengono pianificate delle visite per “i media stranieri e per le personalità diplomatiche”. La Livni ha osservato che “Israele si attende il supporto e la comprensione della comunità internazionale, mentre si appresta a contrastare il terrore, ed a portare avanti l’interesse di tutti coloro che desiderano che siano le forze della pace e della convivenza a determinare l’agenda di questa regione” (Haaretz).
Non citato dalla Livni, ma pubblicato sullo stesso giornale israeliano lo stesso giorno, è stato un altro articolo a firma di Barak Ravid: “Disinformation, secrecy and lies: How the Gaza offensive came about”. Ravid rivela che Olmert aveva “ordinato alle IDF di prepararsi all’operazione più di sei mesi fa, anche se Israele stava cominciando a negoziare un accordo di cessate il fuoco con Hamas”. E’ interessante come la propaganda preceda la percezione e neghi la realtà. Nel 1958, Aldous Huxley aveva osservato nella sua opera “Brave New World Rivisited” che “la verità è grande”, ma “il silenzio intorno alla verità è ancora più grande”. Hitler utilizzò questo “silenzio intorno alla verità” per imprigionare le menti dei civili tedeschi, facendo tacere i media a proposito delle sue azioni e creando, invece, una “nuova” verità a partire da menzogne fabbricate che ammantavano i dati reali di una veste accettabile, ridefinendo la realtà.
Mentre i funzionari della Livni riempiono i talk show televisivi di tutto il mondo e scrivono articoli a proposito delle “decine”, o delle “piogge”, o delle “raffiche” di “razzi” che piovono su Sderot o su altre città vicino Gaza, Olmert riunisce il suo consiglio di governo per “cinque ore di discussione riguardo all’operazione”, ma nel comunicato ufficiale viene riservata “una sola riga dedicata alla situazione a Gaza, al termine di un’intera pagina riguardante la messa fuori legge di 35 organizzazioni del jihad globale”. In breve, ciò che viene detto all’opinione pubblica dalla campagna di pubbliche relazioni della Livni non è la vera ragione per cui Israele ha attaccato Gaza.
La ragione che è alla base di questa invasione è la volontà di spazzar via la resistenza palestinese, qualcosa con cui gli inglesi si dovettero confrontare negli anni ’30 e ’40, quando le “bande” ebraiche, in realtà forze militari organizzate ed addestrate (note con i nomi di Irgun, Stern, e Hagana), si opponevano al dominio britannico stabilito in base al mandato della Società delle Nazioni. Ma l’inganno non finisce qui. Israele ha continuato a “diffondere disinformazione annunciando che avrebbe aperto i valichi della Striscia di Gaza” e che Olmert “avrebbe deciso se lanciare l’attacco domenica – ovvero un giorno dopo rispetto al giorno in cui l’ordine effettivo di lanciare l’operazione è stato emesso”.
Gli uomini di Hamas, che avevano evacuato le sedi centrali del movimento a causa dei precedenti annunci, sono tornati giusto in tempo per essere uccisi, un raggiro paragonabile nelle sue conseguenze all’operazione “sotto falsa bandiera” (false flag) che nel 1946 distrusse il King David Hotel a Gerusalemme uccidendo 91 persone (il King David Hotel divenne una sede amministrativa e militare degli inglesi durante il mandato britannico in Palestina; nel luglio del 1946 subì un attentato ad opera dell’Irgun, in cui rimasero uccise 91 persone di diversa nazionalità, in gran parte britannici, arabi e ebrei (N.d.T.) ).
Al mondo è stato detto, e viene detto di nuovo in questi giorni, che il popolo di Israele è vittima dei razzi di Hamas che cadono “a pioggia” sui suoi villaggi. Proviamo a considerare la realtà, invece della propaganda. Israele presenta Sderot come l’esempio sofferente di questa azione terroristica ed organizza visite guidate per i giornalisti e i diplomatici, incluso Barack Obama. Ma fate solo un passo dentro Gaza e vedrete una reale devastazione, non soltanto resti di razzi finiti nei campi, o che hanno colpito un edificio senza fare vittime. Sia a Gaza che in Cisgiordania i risultati delle incursioni militari, della demolizione delle case, dei terreni agricoli e degli alberi da frutto spianati dai bulldozer, e la più subdola icona della brutalità umana, il Muro della Paura eretto da Ariel Sharon, parlano chiaramente.
Proviamo a considerare la realtà, non la propaganda. In 8 anni circa 6.000 razzi sono stati lanciati contro Israele. Ciò significa che una media di 750 razzi è stata lanciata contro Israele ogni anno, ovvero 62,5 al mese, cioè praticamente 2 al giorno. In tutto questo tempo 23 israeliani, o non israeliani residenti in Israele, sono stati uccisi dai razzi. Cioè 2,8 all’anno.
La scorsa settimana, mentre Israele sommergeva Gaza sotto un “diluvio” di missili di precisione che sfortunatamente non distinguono, nella loro accuratezza, fra i civili e i combattenti della resistenza (per avere un’idea dell’impatto dell’attacco militare sulle infrastrutture e sugli abitanti di Gaza fino al 4 gennaio, si veda “In cifre l’attuale situazione nella Striscia di Gaza”, dell’agenzia MISNA (N.d.T.) ), un numero maggiore di razzi è stato lanciato quotidianamente da Hamas e da altre fazioni contro Israele, ed almeno 4 israeliani sono morti.
Qui possiamo vedere quanto possono stordire le statistiche. Quelle 23 persone non avrebbero dovuto essere uccise per nessuna ragione, e neanche le 4 della scorsa settimana. Ma per Israele utilizzare la questione dei razzi come base per l’orribile carneficina di palestinesi compiuta lo scorso fine settimana è ingiustificabile da qualunque punto di vista. 414 morti, mentre i missili israeliani martellano con “precisione” quartieri abitati da civili non è nient’altro che un’autentica strage, ed il massacro continua al di là dei 325 siti colpiti in quei primi giorni da terra, dal mare e dal cielo – una vera “pioggia” di morte, devastazione, e di traumi a livello psicologico.
Proviamo a considerare le condizioni sul terreno – la realtà, non la propaganda – mentre Israele attacca i residenti di Gaza: negli ultimi due anni Israele ha tenuto Gaza sotto costante assedio, chiudendo tutti i valichi ed impedendo di entrare e uscire; ha distrutto le infrastrutture di Gaza, comprese le fognature, la rete elettrica e idrica; ha bloccato le spedizioni internazionali di beni umanitari e di carburante; ed ha continuato a condurre, anche durante la tregua concordata, costanti incursioni a Gaza uccidendo e distruggendo a piacere (si vedano i rapporti settimanali del Palestinian Centre for Human Rights (PCHR) di Gaza). Poco o nulla di tutto questo viene riportato dai giornali americani o dai notiziari televisivi. L’unico riferimento è ai terroristi ed ai razzi che costantemente minacciano l’esistenza di Israele.
Consideriamo ugualmente l’amara ironia di questa situazione, non la propaganda offerta dagli apologeti di Israele. La popolazione di Gaza è composta essenzialmente da profughi cacciati dalle loro case ad opera delle forze ebraiche – da quei villaggi, come Ashkelon, che vengono ora colpiti a casaccio dai razzi provenienti da Gaza. Essi sparano verso la loro stessa terra, verso le case in cui vivevano prima che un ben equipaggiato ed addestrato esercito “non ufficiale” dell’Agenzia Ebraica, durante gli anni del mandato britannico, li spingesse verso Gaza attraverso un’operazione di pulizia etnica. Gli israeliani, ovviamente, non menzionano il fatto che essi rubarono Ashkelon a quello stesso popolo che ora spara razzi contro di essa.
Proviamo a considerare la realtà, non la propaganda: il popolo palestinese non può andare da nessuna parte; i palestinesi non possono fuggire attraverso i valichi controllati dagli israeliani; non possono fuggire in auto, né in treno, né in aereo, né per mare, né a piedi; essi sono imprigionati in un’area recintata, e bloccata a occidente dalle navi da guerra israeliane.
Consideriamo la campagna di pubbliche relazioni del ministro Tzipi Livni – la realtà, non la propaganda – mentre essa tuona di fronte alle disperate condizioni che gli israeliani si trovano ad affrontare, dal momento che Hamas si rafforza a imitazione di Hezbollah. Le stime dell’Intelligence and Terrorism Information Center, riportate su Ynet News (il sito in lingua inglese del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth) il 04/10/2008, pongono la “forza militare e di sicurezza” di Hamas a 20.000 uomini, rispetto ai 13.000 uomini stimati da un analogo rapporto pubblicato da Haaretz nel 2007.
Questi numeri “minacciano” l’esercito israeliano malgrado il fatto che Israele può mettere in campo un esercito di circa 2 milioni di uomini; malgrado il suo esercito modernissimo, che è considerato il quarto del mondo; e malgrado il fatto che Israele possiede circa 200-400 testate nucleari. Tutta questa potenza, contro armi che vengono contrabbandate a Gaza attraverso dei tunnel sotterranei; non vi è altro modo di portarle a Gaza, visto che i confini di Gaza sono sotto lo stretto controllo di Israele.
Consideriamo allo stesso modo lo sforzo israeliano di apparire come vittima, a causa del terrorismo di Hamas contro i civili israeliani; proviamo a considerare la realtà, non la propaganda. Le seguenti statistiche provengono da B’tselem , il Centro di Informazione Israeliano per i Diritti Umani nei territori occupati, e sono riportate da www.ifamericansknew.org: 4.897 palestinesi uccisi dal 29/09/2000 al 30/11/2008; 1.062 israeliani uccisi nello stesso periodo.
Di questi, 1.050 palestinesi e 123 israeliani erano bambini; 2.227-3.149 palestinesi e 727 israeliani erano civili. Dal 28 giugno 2008, data di inizio del “cessate il fuoco” a Gaza, un totale di 247 palestinesi sono stati uccisi fino al 6 ottobre 2008, 155 dei quali erano civili, e 57 bambini.
A questi numeri orribili dobbiamo aggiungere il bilancio causato dagli israeliani il 27 dicembre: 251 palestinesi uccisi, la maggior parte dei quali civili, fra cui 20 bambini e 9 donne, oltre a 584 feriti, di cui 130 bambini (dati PCHR). Il numero di vittime palestinesi ha superato quello dei soldati americani morti in Iraq, e continua a crescere ogni giorno che passa, senza che si veda la fine di questo massacro.
Dunque dobbiamo chiederci: perché? Cosa spinge questa spietata macchina militare rappresentata dal governo e dalle forze armate di Israele? Può essere vero, come attesta la Livni, che “Israele si attende il supporto e la comprensione della comunità internazionale, mentre si appresta a contrastare il terrore, ed a portare avanti l’interesse di tutti coloro che desiderano che siano le forze della pace e della convivenza a determinare l’agenda di questa regione”?
Cosa può essere definito terrorismo, se non l’imprigionamento forzato di 1 milione e mezzo di persone chiuse dietro cancelli e muri d’acciaio, mentre un modernissimo esercito che comprende forze aeree, marittime e di terra martella la gente giorno e notte con uno spietato fuoco di distruzione e devastazione? Quale stato civilizzato in questa comunità delle nazioni può credere che Israele “porta avanti l’interesse di tutti” attraverso una simile devastazione di un vicino inerme? Quale stato civilizzato può appoggiare quelle che la Livni, senza arrossire, chiama “le forze della pace e della convivenza” che determinano l’agenda del Medio Oriente? Consideriamo la realtà, non la propaganda.
Perché? Nel luglio del 2004, il giornalista palestinese Khalid Amayreh, scrivendo su www.infoimagination.org, osservò le seguenti cose, nell’ambito di uno studio sulla strategia militare israeliana: “L’aggressivo capo di stato maggiore israeliano, Moshe Ya’alon, la scorsa settimana si è scagliato contro l’influente commissione della difesa e degli affari esteri della Knesset, accusando alcuni membri di ‘rivelare documenti riservati dell’esercito’”.
La ragione di questo aspro rimprovero? La rivelazione che l’esercito di occupazione israeliano “aveva provocato i palestinesi a ricorrere a maggiori dosi di violenza nei primi mesi della seconda intifada, con l’obiettivo di dare all’esercito un pretesto per colpire duramente la società palestinese e costringerla ad una resa senza condizioni”. Come venne fatto questo? Un milione e 300.000 proiettili furono sparati dai “soldati di occupazione sui centri della popolazione palestinese e su altri obiettivi”. “Questa massiccia potenza di fuoco, che non aveva alcuna giustificazione operativa…dimostrò che l’esercito israeliano era più interessato a decimare e a danneggiare i palestinesi che a porre fine alla violenza”.
Facciamo allora un confronto con questa nuova incursione, con la sua massiccia potenza di fuoco contro una popolazione che non ha dove andare, ma che deve vivere attraverso l’agonia di una pioggia di morte, una popolazione che ha dovuto sopportare un assedio spietato per due anni, che l’ha lasciata fisicamente indebolita, emotivamente prosciugata, psicologicamente sconvolta, e personalmente umiliata dalla disoccupazione, ed impossibilitata a cambiare la situazione che le è stata imposta.
Prima di essere “giustiziato per via extra-giudiziaria”, Abd al-Aziz Rantisi, ex leader di Hamas a Gaza, fece questa osservazione: “Israele ci offre due scelte: morire come docili agnelli diretti al macello, o come attentatori suicidi”. Consideriamo la realtà, non la propaganda.
Fatemi tornare ora alla citazione dall’Edipo Re che dava inizio a questo articolo: “Quanto spaventosa può essere la conoscenza della verità”. Le nazioni del mondo si trovano di fronte ad una travolgente campagna di pubbliche relazioni portata avanti dal governo israeliano per giustificare la sua sproporzionata distruzione della popolazione palestinese e delle sue proprietà. Mettere a tacere la verità, la realtà che esiste dietro un velo di menzogne, distrugge la giustizia così come distrugge la popolazione di Gaza.
Ritorno con la memoria alla vittoria elettorale di Hamas, alla sua offerta di pace dopo le elezioni, sia l’offerta di Hamas di prendere in considerazione il piano di pace saudita del 2002, sia la proposta di Mahmoud Abbas di una Conferenza internazionale di pace a Oslo, e mi rendo conto che Israele e gli Stati Uniti hanno ignorato le loro offerte, hanno intenzionalmente ignorato le loro offerte proprio come il presidente Bush, all’inizio di questo autunno, ha ignorato – rifiutando di rispondere – un’offerta di Hamas per una continuazione della tregua affinché si potesse giungere alla pace. Un’agenda diversa è in atto qui, un’agenda che cerca la totale eliminazione del popolo palestinese in quanto popolo, soggetto all’autorità ed al controllo del governo israeliano.
Come osservò Mohammed Barakeh, un arabo membro della Knesset israeliana, a proposito della strategia israeliana, nel 2004, “Israele ha cercato, ed è quasi riuscito, a convincere il mondo che il suo violento assalto contro la società palestinese sia stato una reazione al terrorismo palestinese.
Questa pretesa falsa e semplicistica ignora il semplice fatto che l’occupazione violenta e razzista della terra palestinese da parte di Israele è la causa alla base di tutta la violenza”. Ancora una volta, il governo di Israele ha stabilito che può, nascosto dalla propaganda, esercitare un controllo sul modo in cui il mondo guarda alla sua occupazione ed alla conquista militare del popolo palestinese. Speriamo che la realtà abbia la meglio sull’inganno.
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William A. Cook insegna presso l’Università di La Verne nella California meridionale; è redattore di una serie di pubblicazioni su Internet; i suoi lavori più recenti includono “The Chronicles of Nefaria”, e “The Rape of Palestine”; questo articolo è apparso sul Palestine Chronicle il 02/01/2009
Titolo originale:
Gaza: Propaganda, Perception, and Reality